Psicologia e Neuroscienze: una prospettiva di integrazione grazie allo studio dei circuiti neurali e ai contributi dell'epigenetica

I progressi in campo neuroscientifico stanno dando un input decisivo affinché la psicologia, la psicoterapia e la stessa psichiatria smettano di essere confinate al ruolo di pratiche empiriche, più o meno stregonesche, ed entrino a far parte a pieno diritto del mondo della scienza. Attualmente proprio la psicoterapia sta guadagnando un notevole interesse anche in ambienti tradizionalmente biologici, come dimostrano i tanti studi pubblicati su riviste un tempo inaccessibili. Ciò è possibile in quanto negli ultimi anni sono state sviluppate misure “oggettive” (quali le tecniche di neuroimaging, ma non solo.) per mappare e valutare quei cambiamenti “soggettivi” che avvengono nel corso del trattamento.

Sappiamo bene che le influenze prenatali e della prima infanzia hanno un impatto duraturo sul fenotipo, ossia su come i geni vengono espressi e sul modo in cui i circuiti neurali si consolidano nel corso del tempo. Sappiamo inoltre che è possibile trasmettere per via transgenerazionale i cosiddetti “marcatori epigenetici” tanto quanto certi “modelli di pensiero” vengono trasmessi da genitore a figlio. Ciò influenza l'espressione/repressione genica (che a sua volta ha un impatto sulla neuroplasticità) e la formazione di neurocircuiti che possono favorire un’elaborazione “disadattativa” come effettivamente si osserva in molte condizioni di disagio mentale.

È importante sottolineare, come spiega bene il modello bio-psico-sociale, che i fattori genetici (costituzionali) combinati con le eventuali avversità della vita non portano inesorabilmente a risultati infausti, ma sono soggetti a una fluttuazione probabilistica che dipenderà da un insieme di fattori complessi ed interconnessi. Infatti, concetti quali “vulnerabilità” e “resilienza” stanno diventando sempre più integrati nel quadro della "suscettibilità differenziale", facendo riferimento a come determinati fattori ambientali correttivi possano promuovere il cambiamento epigenetico e riconfigurare in senso adattivo la neurobiologia individuale, determinando in ultima analisi il miglioramento sintomatico.

Infatti, la ricerca sta progressivamente dimostrando che molte forme di intervento psicologico (potremmo allargare il concetto a una serie di interventi di tipo psico-sociale, che vanno dalla cosiddetta talking therapy, ovvero la tradizionale psicoterapia, fino a modalità di intervento meno ortodosse, quali ad esempio la meditazione, alcune arti marziali, etc.) inducono modificazioni nell'espressione genica che, come sanno bene i biologi, codifica e modula i recettori cellulari e i neurotrasmettitori, fornendoci così un modello che spiega in senso lato i possibili meccanismi d’azione degli interventi psicologici che si rivelano efficaci nel trattamento delle psicopatologie.

La psicoterapia rappresenta appunto uno di questi fattori (anzi un fattore centrale!) e la revisione fatta da Miller, e pubblicata da Psichiatry Journal nel 2017, si concentra sulla nostra attuale conoscenza del suo impatto epigenetico e neurobiologico. (Qui in open access la review di Miller: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5684598/#)

Ilario Mammone
Presidente S.I.Psi